giovedì 30 Gennaio 2025
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    Scandalo Timmermans: l’Ue trema per i finanziamenti alle lobby verdi

    Un miliardo di Euro: sarebbe questa l’entità del fiume di denaro dello scandalo Timmermans, destinato ai sussidi per il clima e l’ambiente e invece utilizzato da Bruxelles per finanziare una “lobby ombralegata alla sostenibilità ambientale e alle politiche verdi dell’ex vicepresidente della Commissione europea, il socialista olandese Frans Timmermans.

    Un brutto inizio d’anno per la Commissione Ursula Bis con lo scandalo Timmermans che potrebbe rivelarsi uno dei più grandi scandali mai scoperti finora, quasi a parimerito con quello della scarsissima trasparenza usata nell’acquisto dei vaccini Covid per cui la stessa Ursula von der Leyen è finita sotto processo.

    Secondo indiscrezioni di stampa provenienti da un’inchiesta dell’autorevole quotidiano olandese De Telegraaf, al centro della bufera ci sono contratti di sovvenzione stipulati con organizzazioni ambientaliste, tra cui l’European Environmental Bureau (EEB), che raggruppa diverse sigle ecologiste europee. Un fiume di denaro di fondi pubblici utilizzato impropriamente, sembra, per influenzare il dibattito politico, in particolare sull’agenda verde.

    A questi enti, secondo quanto riportato da quello che è uno dei più antichi quotidiani dei Paesi Bassi, sarebbe stato esplicitamente richiesto di fornire esempi concreti di come il loro lavoro di lobbying avesse reso più ambiziosi i testi legislativi in materia ambientale. Il sospetto è che un miliardo di soldi pubblici sia stato utilizzato non per l’utilità generale, ma per conseguire obiettivi politici di influenza legislativa.

    Nelle maglie dell’inchiesta si sarebbe impigliata, per esempio, persino la controversa legge sul ripristino della natura, promossa dall’ex vicepresidente della Commissione Timmermans, socialista e paladino dell’ideologia Green: sarebbe stataspinta” da una coalizione di 185 organizzazioni ambientaliste finanziate con i fondi UE. La “Legge natura”, lo ricordiamo, obbliga a ripristinare la situazione di natura, preesistente, in una parte del territorio della UE, demolendo dighe e ripristinando paludi, con danno per l’attività agricola e per la sicurezza urbana.

    Per anni, la Commissione europea avrebbe sovvenzionato club ambientalisti con il mandato di fare lobby per i piani verdi dei vertici della Commissione, riporta il De Telegraaf. Se venisse confermato, quello che ormai viene definito lo scandalo Timmermans minerebbe non poco la credibilità dell’amministrazione europea che verrebbe di fatto compromessa da quello che viene già definito lo «scandalo delle lobby», in cui le organizzazioni ambientaliste potrebbero essere state pagate dalla Commissione europea per promuovere le proprie politiche verdi

    Lo scandalo Timmermans sta erodendo la credibilità del governo europeo, secondo Bas Batelaan, managing partners di Public Matters, società di consulenza nel settore degli affari pubblici e delle lobby nei Paesi Bassi e a Bruxelles, specializzata nella comunicazione strategica. «Abbiamo bisogno – dice il manager riportato dal Telegraaf – di regole rigorose che delimitino chiaramente il ruolo che le organizzazioni della società civile possono svolgere nel processo di elaborazione delle politiche». 

    L’eurodeputato dell’opposizione Dirk Gotink parla apertamente di «liste di lobby con nomi di politici da contattare»: proprio lui, insieme ad altri colleghi, sta indagando sui contratti stipulati negli ultimi cinque anni, parlando di una «collusione altamente orchestrata tra la coalizione verde guidata da Timmermans e la maggioranza di sinistra dell’Europarlamento», chiedendosi, dice Gotnik se «si tratta di una mela marcia o di un’abitudine diffusa?».

    D’altronde, non è la prima volta che emergono segnali di un tentativo di Bruxelles di far passare la propria agenda verde attraverso finanziamenti mirati di carattere politico: nel 2023, erano state segnalate pressioni su aziende affinché influenzassero i politici europarlamentari più scettici sulla legge per il ripristino della natura, legge che aveva incontrato forti resistenze, soprattutto nei Paesi Bassi. 

    Il ricorso alle spintarelle da parte delle lobby verdi sembrerebbe diventata una pratica diffusa, sembra di capire, tanto che nell’autunno scorso, una direttiva ha imposto al movimento ambientalista il divieto di fare lobbying con i soldi delle sovvenzioni incassate dalla Commissione presso le istituzioni UE, provvedimento che arriva a scandalo Timmermans scoppiato

    Intanto l’EEB si difende e sottolinea la necessità di risorse per far sentire la voce dei cittadini in una democrazia e rimarcando il ruolo positivo svolto nel rafforzare la reputazione dell’UE come leader nella transizione ecologica. Fatto sta che, con questo polverone, adesso gli ambientalisti temono di perdere sovvenzioni fisse per 15,5 milioni di Euro all’anno. L’eurocommissario Piotr Serafin, appena nominato, definisce «inaccettabili» i contratti di lobbying e promette di porre fine a tali pratiche. «È inopportuno stipulare accordi che obbligano le ONG a fare pressioni sui deputati europei – spiega Serafin -. Purtroppo, tali pratiche si sono verificate in passato e devono essere sradicate».

    Intanto, le organizzazioni agricole ribattono a tutte le accuse di cui sono state oggetto complice le pressanti azioni contro il comparto del primario. Per il presidente di Fedagripesca Confcooperative, Raffaele Drei, lo scandalo Timmermans «sarebbe la riprova che non siamo stati nel torto in questi anni quando abbiamo scelto di opporci con fermezza a una serie di decisioni politiche e proposte normative provenienti da Bruxelles a dir poco dissennate, che tanto duramente hanno colpito nella passata legislatura gli agricoltori europei».

    «Abbiamo ripetutamente denunciato in questi anni – commenta Drei – che norme come quella del ripristino della natura e della riduzione dell’uso dei fitofarmaci fossero di fatto prive di basi scientifiche o di valutazioni di impatto e che muovessero solo da scelte di natura ideologica. Scelte che finivano per criminalizzare gli agricoltori, accusandoli di essere nemici dell’ambiente. Eravamo, dunque, nel giusto quando denunciavamo il fatto che dietro tali decisioni ci fossero solo principi ispirati ad una ideologia green e che non si fosse prestata la dovuta attenzione al rischio che tali norme riducessero la capacità produttiva del continente europeo e minacciassero altresì la competitività di intere filiere produttive».

    Dal fronte dell’Associazione Italiana Allevatori (Aia), «a questo punto c’è da chiedersi cosa c’è veramente dietro una vicenda così torbida e poco trasparente? Quali potenti ed enormi interessi potrebbero aver sostenuto e forse finanziato sottobanco Frans Timmermans. Se il Green Deal europeo fosse passato integralmente, così come concepito dall’allora influente politico olandese, i danni per l’Europa sarebbero stati irreparabili ed i primi settori a pagare un conto salatissimo sarebbero stati la zootecnia e l’agricoltura. Un simile disegno avrebbe assestato un colpo mortale al sistema produttivo agricolo europeo, rendendo di fatto l’Unione Europea dipendente dal resto del mondo per l’approvvigionamento di cibo».

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