Questo ha pesanti effetti sul debito pubblico, perché mancano all’appello 1.279,8 miliardi, di cui solo un centinaio potranno essere effettivamente recuperati.
L’Agenzia delle entrate riscossione è un carrozzone fallimentare che su 100 euro da incassare ne riesce a riscuotere solo 9,6, complice anche una politica che fiancheggia più che combattere gli evasori. Evasori che sono trasversali su tutte le categorie sociali.
Giovanni Spalletta, direttore generale del ministero delle Finanze, in un’audizione al Senato ha affermato che «il tasso di riscossione dei carichi affidati dal 2000 al 2024 si attesta al 9,6%, sicché i carichi riscossi sono meno della metà di quelli annullati (22,5%)».
Altri 17,4 euro vengono cancellati dai colpi di spugna normativi, come quelli che negli ultimi otto anni sono intervenuti a ripetizione per cancellare i mini debiti (82,7miliardi sfumati in tre stralci) il cui costo di riscossione è superiore al debito, o condonare sanzioni, interessi e aggi a chi aderiva alle rottamazioni, spesso senza pagare le rate successive alla prima (63 miliardi persi in quattro edizioni e, attenzione, a quarta rottamazione ancora in corso, la politica invoca già la quinta a cura della Lega Salvini).
Il resto finisce nel magazzino della riscossione sempre più gonfio di titoli praticamente illiquidi, che al 31 gennaio 2025 ospitava la vetta di 1.279,8 miliardi di debiti come ha confermato, sempre al Senato, il direttore delle Entrate, Vincenzo Carbone. Di fatto, gli italiani trasversalmente tra tutte le categorie sociali hanno pendenze con il Fisco pari al 58,4% del Pil, con un ritmo di crescita pari a 65 miliardi all’anno.
Altro contributo al buco della gestione della Riscossione delle cartelle esattoriali è venuto da Roberto Benedetti, ex presidente di sezione della Corte dei conti ora al vertice della “Commissione per l’analisi del magazzino della Riscossione”, secondo cui 537,75 miliardi, ha detto, sono ormai persi, carta straccia, perché dovuti da persone decedute, società cancellate o fallite o da contribuenti che a seguito delle azioni esecutive della Riscossione si sono rivelati nullatenenti.
Altri 167,31 miliardi presentano un «profilo di riscuotibilità non determinabile» perché relativi a imprese con fallimento in corso oppure oggetto di attività di riscossione sospese in autotutela dagli enti creditori o da decisioni dei giudici. Rimangono 567,85 miliardi caratterizzati da qualche «aspettativa di riscossione» che di fatto non deve essere tale, visto che il 13,8% di questi crediti risale ai primi anni Duemila, e un altro 29,5% ha un’anzianità di iscrizione compresa fra gli 8 e i 14 anni. Di fatto, anche questi sono carta straccia.
Come detto, i debiti con il Fisco interessano trasversalmente tutte le categorie di contribuenti. A livello di volume di cartelle emesse, 10,8 milioni per un controvalore di 4,4 miliardi di euro riguardano le multe stradali (4 milioni di cartelle per un controvalore di 2,67 miliardi a favore dei comuni) e bolli auto non pagati alle Regioni pari a 6,8 milioni di cartelle all’anno per un valore di 1,75 miliardi all’anno di media. La trasversalità è confermata dal fatto che sono ben 15,93 i milioni di «persone fisiche senza attività economica» (sostanzialmente lavoratori dipendenti, pensionati e nullatenenti) titolari di una cartella esattoriale, oltre a 2,86 milioni di «persone fisiche con attività economica» (professionisti e lavoratori autonomi) e 3,47 milioni di «persone giuridiche» ovvero le imprese.
Diversi, ovviamente gli importi in gioco: la media di tasse, bolli e balzelli non onorati da parte di ciascuna persona fisica senza attività economica è di 18.855 euro, mentre la media cresce a 54.801 euro nel caso dei lavoratori autonomi per svettare a 237.087 euro per le imprese.
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