sabato 29 Marzo 2025
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    Povera Italia: nel 2024 sono cresciute le famiglie in condizioni di indigenza

    Secondo l’Istat il 23,1 % della popolazione è a rischio, valore in crescita rispetto al 2023. E i redditi dei lavoratori sono sempre più magri. Particolarmente accentuato il calo dei redditi reali nel NordEst.

    I dati sulle condizioni di vita nel 2024 mostrano un quadro sostanzialmente invariato rispetto all’anno precedente, evidenziando una povera Italia. La popolazione a rischio di povertà o esclusione sociale (indicatore composito Europa 2030) nel 2024 è pari al 23,1% (era 22,8% nel 2023), per un totale di circa 13.525.000 persone.

    Si tratta di coloro che si trovano in almeno una di queste tre condizioni: a rischio di povertà, in grave deprivazione materiale e sociale o a bassa intensità di lavoro. E’ quanto emerge da un report dell’Istat. Sono considerati a rischio di povertà gli individui che vivono in famiglie il cui reddito netto equivalente dell’anno precedente (senza componenti figurative o in natura) è inferiore al 60% di quello mediano.

    Povera Italia: nel 2024 risulta a rischio indigenza il 18,9% (lo stesso valore registrato nel 2023) delle persone residenti in Italia (vivono in famiglie con un reddito netto equivalente inferiore a 12.363 euro), per un totale di circa 11 milioni di individui. Sostanzialmente stabile e pari al 4,6% (era 4,7% nel 2023) risulta la quota di popolazione in condizioni di grave deprivazione materiale e sociale (oltre 2.710.000 individui), la quota cioè di coloro che, nel 2024, presentano almeno 7 segnali di deprivazione dei 13 individuati dal nuovo indicatore Europa 2030; si tratta di segnali riferiti alla presenza di difficoltà economiche tali da non poter affrontare spese impreviste, non potersi permettere un pasto adeguato o essere in arretrato con l’affitto o il mutuo, ecc.

    Le persone che nel 2024 vivono in famiglie a bassa intensità di lavoro (cioè con componenti tra i 18 e i 64 anni che nel corso del 2023 hanno lavorato meno di un quinto del tempo) sono il 9,2% (erano l’8,9% nel 2023), ammontando a circa 3.873.000 persone. La quota in famiglie a bassa intensità di lavoro aumenta, tra il 2023 e il 2024, tra le persone sole con meno di 35 anni (15,9% rispetto al 14,1% del 2023) e, soprattutto, tra i monogenitori, che presentano una percentuale più che doppia rispetto alla media nazionale (19,5% contro il 15,2% del 2023).

    A livello territoriale, nel 2024, il NordEst si conferma la ripartizione con la minore incidenza di rischio di povertà o esclusione sociale (11,2%, era 11,0% nel 2023) e il Mezzogiorno come l’area del paese con la percentuale più alta (39,2%, era 39,0% nel 2023).

    Nel 2024 l’incidenza del rischio di povertà o esclusione sociale si conferma essere più bassa per chi vive in coppia senza figli. Rispetto al 2023, l’indicatore aumenta per coloro che vivono in famiglie con cinque componenti e più (33,5% rispetto al 30,7% del 2023) e, soprattutto, per chi vive in coppia con almeno tre figli (34,8% rispetto a 32% del 2023).

    La crescita della povertà si registra anche per i monogenitori (32,1% rispetto a 29,2%), per effetto della più diffusa condizione di bassa intensità di lavoro (legata anche a problemi di conciliazione). Per le coppie con uno o due figli, il rischio di povertà o esclusione sociale rimane contenuto (circa il 19%) e ben al di sotto della media nazionale (23,1%).

    Inoltre, nel 2024, il rischio di povertà o esclusione aumenta per gli anziani di 65 anni e più che vivono da soli (29,5% dal 27,2% del 2023). Il rischio di povertà o esclusione sociale raggiunge il 33,1% (era il 31,6% nel 2023) tra coloro che possono contare principalmente sul reddito da pensioni e/o trasferimenti pubblici, diminuisce invece per coloro che vivono in famiglie in cui la fonte principale di reddito è il lavoro dipendente (14,8% dal 15,8% del 2023) e rimane stabile per chi ha come fonte principale un reddito da lavoro autonomo (22,7% e 22,3% nel 2023). Infine, il rischio di povertà o esclusione sociale si riduce per gli individui in famiglie con almeno un cittadino straniero (37,5%, dal 40,1% dell’anno precedente) e aumenta leggermente per i componenti delle famiglie composte da soli italiani (21,2% rispetto al 20,7% del 2023).

    Povera Italia e lavoro povero: nel 2023, i lavoratori a basso reddito (che hanno lavorato almeno un mese nell’anno e hanno percepito un reddito netto da lavoro inferiore al 60% della mediana della distribuzione individuale del reddito netto da lavoro relativa al 2023) sono pari al 21% del totale, un valore pressoché invariato rispetto all’anno precedente.

    Il rischio di essere un lavoratore a basso reddito è decisamente più alto per le donne rispetto agli uomini (26,6% contro 16,8%), per gli occupati appartenenti alle classi di età più giovani (29,5% per i lavoratori con meno di 35 anni contro un valore minimo pari al 17,7% per quelli nella classe 55-64), per gli stranieri rispetto agli italiani (35,2% contro 19,3%).

    La condizione di basso reddito è associata anche a bassi livelli di istruzione, passando dal 40,7% per gli occupati con istruzione primaria al 12,3% per quelli con istruzione terziaria. Risulta inoltre a basso reddito il 17,1% dei lavoratori dipendenti, il 28,9% degli autonomi e il 46,6% di chi ha un contratto a termine, rispetto all’11,6% di chi ha un contratto a tempo indeterminato.

    Vi sono ampie differenze tra i settori di attività economica: risultano a basso reddito l’11% degli occupati nell’industria, il 21% nel comparto dei servizi di mercato e il 44,5% in quello dei servizi alla persona. Nel 2023, la quota dei lavoratori a basso reddito risulta più alta di circa quattro punti a quella stimata nell’anno pre-crisi 2007, quando era pari al 16,7%.

    Povera Italia e redditi familiari reali in calo. Nel 2023, si stima che le famiglie residenti in Italia abbiano percepito un reddito netto pari in media a 37.511 euro, circa 3.125 euro al mese. La crescita dei redditi familiari in termini nominali (+4,2% rispetto al 2022) non ha però tenuto il passo con l’inflazione osservata nel corso del 2023 (+5,9% la variazione media annua dell’indice armonizzato dei prezzi al consumo, IPCA), determinando un calo dei redditi delle famiglie in termini reali (-1,6%) per il secondo anno consecutivo.

    La diminuzione dei redditi in termini reali è particolarmente intensa nel NordEst (-4,6%) e nel Centro (-2,7%), a fronte di una lieve riduzione osservata nel Mezzogiorno (-0,6%) e di una debole crescita nel NordOvest (+0,6%). Rispetto al 2007, la contrazione complessiva dei redditi familiari in termini reali è pari, in media, a -8,7% (-13,2% nel Centro, –11,0% nel Mezzogiorno, -7,3% nel NordEst e -4,4% nel NordOvest). Inoltre, la flessione dei redditi è stata particolarmente intensa per le famiglie la cui fonte di reddito principale è il lavoro autonomo (-17,5%) o dipendente (-11,0%), mentre per le famiglie il cui reddito è costituito principalmente da pensioni e trasferimenti pubblici si registra un incremento pari al 5,5%.

    Calcolando il valore mediano, ovvero il livello di reddito che divide il numero di famiglie in due parti uguali, si osserva che il 50% delle famiglie residenti in Italia ha un reddito non superiore a 30.039 euro (2.503 euro al mese), con una crescita del 4% in termini nominali rispetto al 2022 (28.865 euro, 2.405 euro mensili).

    Le famiglie del NordEst dispongono del reddito mediano più elevato (34.772 euro), seguite da quelle del NordOvest (il livello mediano è inferiore del 5% a quello del NordEst), del Centro (-8%) e del Mezzogiorno (-28%).

    Il reddito mediano varia in misura significativa anche in base alla tipologia familiare: le coppie con figli raggiungono i valori più alti con 46.786 euro (circa 3.900 euro al mese), trattandosi nella maggior parte dei casi di famiglie con due o più percettori, ma le coppie con tre o più figli percepiscono un reddito mediano (44.993 euro) più basso sia di quello osservato per le coppie con due figli (48.084 euro) sia di quello osservato per le coppie con un solo figlio (45.523 euro). Le famiglie monogenitoriali presentano un reddito mediano di 31.451 euro e gli anziani che vivono soli nel 50% dei casi non superano la soglia di 17.681 euro (1.473 euro mensili). Le coppie senza figli percepiscono un reddito mediano decisamente più basso se la persona di riferimento è anziana (31.975 contro 40.447 euro delle coppie senza figli più giovani). Il livello di reddito mediano delle famiglie con stranieri è inferiore di 5.400 euro a quello delle famiglie composte solo da italiani. Le differenze relative si accentuano passando dal Nord al Mezzogiorno, dove il reddito mediano delle famiglie con almeno uno straniero è pari al 62% di quello delle famiglie di soli italiani.

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