venerdì 31 Gennaio 2025
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    Libere professioni italiane: ripresa a metà dopo la grande crisi

    Le libere professioni rialzano la testa, ma devono ancora fare i conti con le debolezze strutturali di un mercato del lavoro in continua evoluzione. Dopo gli anni della pandemia, che ha inghiottito circa 75.000 liberi professionisti, nel 2023 si registra un balzo di circa 10.000 unità, che nel complesso porta il numero di liberi professionisti a quota 1.360.000 unità, pari al 5,8% della forza lavoro e al 27% del lavoro indipendente in Italia.

    Secondo i dati del IX Rapporto sulle professioni italiane redatto da Confprofessioni, a trainare il rialzo occupazionale sono i datori di lavoro-professionisti – i più colpiti durante il periodo pandemico – che raggiungono quota 204.000, grazie al recupero di circa 20.000 unità realizzato nel biennio 2022-2023. Notevole l’incremento della quota femminile, soprattutto nelle regioni meridionali, che nello scorso anno conta circa 133.000 donne in più rispetto al 2010, mentre il numero di uomini è salito di circa 40.000 unità nello stesso periodo.

    La dinamicità del mercato del lavoro si riflette anche sull’occupazione negli studi professionali. Nel 2023 sono stati creati oltre 62.000 nuovi posti di lavoro, grazie all’aumento dei contratti a tempo indeterminato, che nel 2023 segnano un saldo occupazionale pari a 51.568. La buona intonazione del settore viene confermata inoltre dalla progressione dei redditi tra tutti i gruppi professionali. Nell’ultimo triennio, la maggior crescita dei profitti si registra tra geometri (+62%), medici e odontoiatri (+53,6%, ingegneri (+53%) e architetti (+52,7%).

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    Sulle positive dinamiche occupazionali pesano, tuttavia, diverse criticità che frenano lo slancio del settore professionale, a cominciare dalla continua flessione dei giovani (-13,8%), dovuto in larga misura all’inverno demografico e alla crescente concorrenza del lavoro dipendente, cui si aggiunge il progressivo invecchiamento della popolazione: l’età media dei liberi professionisti passa dai 45,5 anni del 2013 ai 48,2 anni del 2023. Non a caso, sono proprio gli over 55 a registrare l’aumento più sostenuto (+6,1%) tra il 2019 e il 2023.

    In un contesto caratterizzato da un netto recupero del mercato del lavoro in Italia, con un tasso di occupazione record che alla fine del 2023 su attesta al 61,5%, il lavoro professionale e, più in generale quello indipendente, si scontra con l’occupazione dipendente, che a fine 2023 aveva superato i livelli pre-Covid di circa 700.000 unità. Le imprese hanno accresciuto la loro attrattività, non solo nei confronti dei giovani che si affacciano sul mercato del lavoro, ma anche verso una parte di lavoratori indipendenti, che scelgono di passare dalla libera professione al lavoro subordinato.

    Negli ultimi quattro anni, il bilancio del mercato del lavoro indipendente, seppur in crescita rispetto al 2022, è ancora negativo e non arriva a colmare il divario causato dalla pandemia: negli ultimi quattro anni si sono persi circa 223.000 posti di lavoro tra gli indipendenti e i liberi professionisti diminuiscono di 67.000 unità, con una variazione negativa del 5%. Più pesante il bilancio per le partite Iva che segnano un calo di 256.000 posti di lavoro.

    Le tendenze occupazionali delle professioni in Italia trovano puntuale riscontro a livello europeo. L’impetuoso balzo in avanti dei liberi professionisti nell’Eurozona, si colloca in un contesto caratterizzato da un forte incremento occupazionale generale (il numero degli occupati sale a quasi 16 milioni di unità) e da una netta contrazione della disoccupazione (-5,7 milioni), che ha permesso alle libere professioni di espandersi nel mercato del lavoro europeo. Tra il 2019 e il 2023 sono aumentate del 7,3%, un trend che trova conferma anche nell’ultimo anno con un incremento del 3,8%, sottolineando la crescente incidenza del contributo delle libere professioni alle economie europee. Al 2023 si contano quasi 6 milioni di liberi professionisti in Europa, dove tre lavoratori su 100 svolgono un lavoro intellettuale. Ancora una volta l’Italia si colloca al vertice della classifica per densità di professionisti, davanti a Germania, Francia e Spagna; ma se fino a qualche anno fa l’Italia rappresentava una sorta di “anomalia”, il costante sviluppo trasversale del comparto professionale in Europa rappresenta un pilastro fondamentale di sistemi economico sociali sempre più basati sull’economia della conoscenza, come evidenzia anche la relazione positiva tra Pil pro capite e densità di liberi professionisti nei diversi Paesi Ue.

    Il settore in cui si concentrano maggiormente i liberi professionisti sono le “Professioni scientifiche e tecniche”, con circa 680.000 occupati pari al 54% del totale, e le professioni dell’area “Sanità e istruzione”, con circa 222.000 professionisti (sanità) e 25.000 (istruzione), che rappresentano il 18% dl totale degli occupati. Entrando nel dettaglio, sono i professionisti con dipendenti a sostenere la crescita del settore, soprattutto nelle regioni del Centro (+4,5% tra il 2022 e il 2023) e del Mezzogiorno (+3%). In controtendenza si muove invece il NordEst (-5,5%), mentre nel NordOvest – che vanta il maggior numero di professionisti in Italia – non si registrano apprezzabili variazioni.

    L’Italia si conferma la patria delle piccole e medie imprese, ma nel corso degli ultimi anni si assiste a una sostanziale ricomposizione delle dimensioni aziendali, che coinvolge anche le attività professionali, dove la crescita dimensionale degli studi professionali sta modificando la struttura occupazionale del comparto. Nel decennio 2012-2022 gli studi con dipendenti crescono del 6,5% e l’occupazione dipendente aumenta di oltre il 40%. Restringendo il campo al 2022 oltre la metà dei dipendenti (56%) opera in una realtà con almeno 10 dipendenti, rispetto al 44% nel 2012. A spingere la crescita dimensionale degli studi sono, in particolare, le professioni della sanità e assistenza sociale, dove il numero di imprese con dipendenti è aumentato di oltre il 13% nel decennio 2012 – 2022: un balzo ancor più sostenuto che nelle professioni tecniche e scientifiche.

    Dopo la crisi pandemica tornano a rialzarsi i redditi di liberi professionisti. Nell’ultimo triennio si assiste a un progresso dei profitti in quasi tutte le categorie professionali, seppur con intensità diverse. Analizzando i dati delle Casse private, il IX Rapporto di Confprofessioni evidenzia come ai vertici delle professioni più redditizie si collochino gli attuari (96.566 euro), i medici e odontoiatri (81.400 euro) e i commercialisti (80.318 euro). In cima alla classifica svettano i notai che, in base ai dati Isa (Indice sintetico di affidabilità), presentano un reddito medio di 335.630 euro.

    Al polo opposto nella classifica dei redditi delle professioni ordinistiche si collocano giornalisti, agrotecnici e psicologi con un reddito inferiore ai 20.000 euro. La crescita diffusa dei redditi, tuttavia, non si accompagna sempre ad un incremento del numero di iscritti alle Casse. L’aumento del volume di adesione riguarda soprattutto le professioni di area socio-sanitaria (psicologi +20,2%; infermieri +16,9%; medici e odontoiatri +13,8%) ma anche gli agrotecnici (+14,4%) e i biologi (+12,1%). Di contro, le Casse che nel triennio 2020-2023 sperimentano la maggiore contrazione di iscritti sono quelle dei ragionieri e periti commerciali (-18,8%) e dei giornalisti con contratto di collaborazione, che registrano una variazione negativa del -17,1%, aggravata anche da un calo dei giornalisti liberi professionisti (-1,3%). La Cassa previdenziale degli avvocati – la più grande per volume di iscritti – conosce anch’essa un calo nel triennio, pari al 3,3% (circa 8.000 adesioni in meno rispetto al 2020).

     

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