Moody’s boccia Vw, Audi licenzia, Stellantis crolla la produzione italiana a gennaio 2025, i consumatori vogliono spendere la metà di quello che costa oggi un’auto nuova.
La crisi dell’auto europea di allarga con la politica che rimanda la decisione finale di rimangiarsi la scellerata deriva ambientalista impostata dal primo giro di giostra della Commissione europea guidata dalla baronessa tedesca Ursula von der Leyen che ora non sa come evitare l’ennesimo smacco della sua gestione politica, dopo quelli inanellati da ministro della difesa e della famiglia tedesco sotto l’ala protettrice di Mutti Merkel.
La nuova puntata della crisi dell’auto europea la scrive Moody’s che ha degradato il giudizio di affidabilità finanziaria del gruppo Volkswagen dopo che questo ha comunicato una perdita degli utili di quasi un terzo per il 2024 postandolo da A3 a Baa1, ovvero da investimento “sicuro a condizione che nessun evento imprevisto influenzi l’economia generale o il settore” a, “investimento mediamente buono che potrebbe incontrare problemi a causa del deterioramento complessivo dell’economia”. DI fatto solo tre gradini sopra il livello per il quale gli investimenti sono valutati come speculativi.
Nella valutazione di Moody’s ha pesato anche la contrazione del flusso di cassa. Il colosso tedesco dell’automobile ha registrato difficoltà in Cina e ha intenzione di lanciare una grande offensiva nel paese per recuperare il terreno perduto. Si tratta di una strategia finalizzata a definire una nuova offerta specifica per le caratteristiche del mercato cinese tramite il lancio di undici i modelli, sei completamente elettrici, due ibridi, uno a combustione tradizionale e due modelli Erev, veicoli elettrici ma che hanno anche oltre alla batteria un piccolo motore a combustione. Proprio questi modelli stanno incontrando il favore dei consumatori cinesi.
Se l’auto del popolo non ride, pure il marchio di lusso del colosso tedesco non sta in salute: Audi ha annunciato una profonda riorganizzazione, che cambierà il volto della sua forza lavoro in Germania con la riduzione entro il 2029 di 7.500 unità il numero dei dipendenti nei suoi stabilimenti tedeschi utilizzando pensionamenti e uscite volontarie, garantendo così stabilità almeno fino al 2033. Intanto saranno ridotti anche i premi di rendimento e i benefit superiori a quelli previsti dal contratto collettivo.
Audi nel 2024 ha registrato una sensibile diminuzione delle vendite: -12% a 1,7 milioni (168.000 le elettriche, -8%), con cali soprattutto in Germania (-21%), Nord America (-13%) e Cina (-11%).
La crisi dell’auto europea morde anche in Italia: «la situazione del settore auto è drammatica. Avevamo fatto previsioni fosche per il 2024 e 2025 e purtroppo si stanno avverando» ha detto Gianmarco Giorda, direttore generale dell’Anfia, la filiera dell’automotive. Secondo Giorda «non è colpa però solo della transizione verso l’elettrificazione: è stato un errore puntare su un unico tipo di motorizzazione, l’elettrico. Manca ancora, anche a livello europeo, il concetto di neutralità tecnologica. Non possiamo andare avanti, senza modifiche, lungo un percorso che prevede tanti ostacoli e poche opportunità».
La produzione italiana di auto nuove a gennaio 2025, sempre secondo l’Anfia, è stata di appena 10.800 veicoli, in calo del 63,4% rispetto a gennaio 2024 e con una prospettiva non diversa per i mesi a venire.
La crisi dell’auto europea è figlia anche delle scelte delle case costruttrici di scaricare larga parte dei costi di sviluppo dell’auto elettrica sui prezzi delle auto con motore termico, con i listini che sono cresciuti del 30% nel giro di tre anni, ponendosi in Italia ad una media di 30.000 euro, decisamente più alto di quanto i consumatori sono disponibili a spendere, visto che il 23,3% spenderebbe al massimo 15.000 euro e il 18,3% meno di 10.000 euro.
Poi, sulla crisi dell’auto europea c’è anche lo zampino dei costi di gestione, che in Italia sono particolarmente alti, tra tassa di proprietà, assicurazione, manutenzione e costi del carburante, tanto che nel giro di 14 anni sono passati da 1.300 euro/anno a ben 4.300 nel 2024, quasi il 20% del reddito medio di un italiano. Decisamente troppo.
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