giovedì 20 Febbraio 2025
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    Il costo della guerra in Ucraina passati e futuri

    Negli aiuti a Kiev, l’Europa supera gli Usa. Il grande problema dell’autofinanziamento della difesa europea dopo il disimpegno Usa.

    Il conflitto tra Russia e Ucraina ha evidenziato l’estrema debolezza dell’Unione europea in fatto di difesa dalle aggressioni esterne, finora appaltata di fatto agli Stati Uniti per il tramite della Nato, l’Alleanza atlantica, da cui la nuova amministrazione Trump vuole sostanzialmente ritirarsi per lasciare maggiore spazio e spese agli europei, a partire dal costo della guerra. Uno scenario che si preannuncia estremamente difficoltoso per i costi che si dovranno sostenere.

    In tre anni di conflitto, l’Unione Europea ha fornito all’Ucraina oltre 113 miliardi di euro di aiuti, tra pacchetti comunitari e donazioni bilaterali degli Stati membri. Sommando Regno Unito, Norvegia e Svizzera, si superano i 130 miliardi di euro. Gli Stati Uniti hanno erogato 114 miliardi.

    L’Istituto di Kiel per l’economia mondiale (Ifw) tiene traccia dei flussi finanziari di sostegno all’Ucraina da quando è stata invasa alla Russia per coprire il costo della guerra. Secondo i suoi calcoli, il fronte degli alleati ha stanziato circa 267 miliardi di euro, più di 80 miliardi l’anno. Circa 130 miliardi (il 49%) sono stati destinati all’assistenza militare, 118 miliardi (44%) al sostegno finanziario e 19 miliardi (7%) sono arrivati sottoforma di aiuti umanitari (il periodo considerato va dal 24 gennaio 2022 e il 31 dicembre 2024).

    L’Europa, intesa come istituzioni e Paesi Ue, più Regno Unito, Norvegia e Svizzera, ha già programmato la spesa di altri 115 miliardi di aiuti, ancora da stanziare che potrebbero essere destinati alla ricostruzione del paese in caso di fine conflitto, oppure a sostenere l’acquisto di nuove armi. L’Europa ha inviato 62 miliardi in aiuti militari (50 solo la Ue e 11 il Regno Unito), contro i 64 miliardi degli Usa. Nel sostegno finanziario e umanitario, l’Europa supera gli Stati Uniti di 20 miliardi.

    Secondo l’Ifw di Kiel, i dati confermano che il conflitto dipende sempre più dalla nuova produzione di armi. Nei primi nove mesi di guerra, oltre il 90% degli aiuti militari è arrivato dagli arsenali nazionali che si sono progressivamente svuotati, spesso di armi vecchie o obsolete. Nel 2023 e 2024, oltre il 60% è uscito invece dalle fabbriche di armamenti, in gran parte da quelle situate negli Stati Uniti.

    Nel complesso, gli aiuti restano bassi rispetto alle economie dei donatori. Germania, Regno Unito e Stati Uniti, secondo l’Ifw, nei tre anni hanno messo a disposizione circa lo 0,5% del Pil del 2021. Francia, Italia e Spagna hanno stanziato lo 0,2-0,1%. Sono comunque risorse trovate a fatica nei rispettivi bilanci, dato lo stato dei conti pubblici di molti Paesi, oltre che per la stagnazione economica. La situazione cambia decisamente per i Paesi che si sentono sulla linea del fronte, anche se indirettamente: Estonia, Danimarca e Lettonia hanno stanziato in tutto circa il 2% del Pil del 2021 per coprire il costo della guerra.

    Fin qui la spesa per la difesa dell’Ucraina. Il problema si pone per la difesa degli stessi europei, a seguito del richiamo dell’amministrazione Trump agli europei a badare maggiormente da sé alle proprie necessità di sicurezza.

    Secondo le stime dell’Alleanza atlantica, i Paesi dell’Ue hanno speso nel 2024 nel settore difesa oltre 340 miliardi di euro al cambio attuale, circa il 2% del Pil, che poi è l’obiettivo minimo sempre indicato dalla Nato: alcuni paesi lo hanno superato, altri – tra cui l’Italiasono ancora lontani. Ora gli Stati Uniti pretendono che quel limite sia rivisto consistentemente al rialzo e che la difesa convenzionale dell’Europa, Ucraina compresa, sia a carico degli Stati europei: per questo negli incontri tecnici delle ultime settimane si è deciso di alzare l’obiettivo del 2% al 3,5% del Pil, allineandosi a quanto già oggi spendono gli Stati Uniti (3,4% la stima).

    Ciò significa che gli Stati europei dovranno destinare alla propria difesa altri 270-280 miliardi di euro ogni anno, praticamente più che raddoppiare la spesa di circa 200 miliardi esistente prima del conflitto ucraino. Per l’Italia il conto sarebbe oltremodo salato: oltre 40 miliardi l’anno in più rispetto ai circa 32 spesi nel 2024.

    Secondo uno studio dell’agenzia di rating Standard & Poor’s, l’aumento delle spese militari pari al 5% del Pil, livello suggerito agli europei da Trump, farebbe aumentare il deficit italiano sino al 7,1% del Pil, il doppio del 3,6% atteso per il 2025.

    S&P ha calcolato l’impatto dell’aumento dei budget della difesa europea dall’attuale 1,9% del Pil sulla base di tre scenari: sino al 2,67% del Pil che è la media ponderata degli Stati Nato, al 3,3% che è l’attuale livello Usa, o infine al 5% suggerito da Trump. Per l’Italia, il deficit pubblico passerebbe dal 3,6% del Pil atteso nel 2025 (77 miliardi circa in base ai dati 2024) al 4,8% nel primo scenario, ovvero 102,2 miliardi l’anno, 25 in più. Nel secondo scenario, il deficit salirebbe al 5,4% del Pil: 115,6 miliardi, 38,4 l’anno in più. Infine, se fosse accolta la richiesta di Trump, il deficit nel terzo scenario salirebbe al 7,1% del Pil: 151,9 miliardi l’anno, praticamente il doppio di oggi.

    A fronte di un Pil italiano nel 2024 di circa 2.140 miliardi, una spesa militare al 5% del Pil varrebbe 107 miliardi, quasi tre volte e mezzo gli attuali 32. A titolo di confronto, la spesa italiana per la difesa sarebbe superiore di 15 miliardi alla spesa previdenziale 2023 (90,13 miliardi), supererebbe del 40% la spesa pubblica per l’istruzione e varrebbe oltre l’80% di quella per la salute, pari a 131 miliardi nel 2023. Cifre insostenibili per un’Italia con 3.000 miliardi di debito pubblico e con la cintura di castità del patto di stabilità europeo settennale e la relativa austerità se si sgarra.

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