venerdì 14 Febbraio 2025
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    Il consenso europeo gestito a suon di milioni opachi dai vertici Ue

    Dopo gli acquisti miliardari dei vaccini Covid, le attività di lobby sul Green Deal, ora tocca alla gestione del sentimento antieuropeista sotto le elezioni del 2023

    Nelle stanze del potete europeo la trasparenza non è proprio di casa, visti i casi sollevati dalla gestione degli acquisti miliardari dei vaccini Covid dalla presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, che ha effettuato trattative dirette con i fornitori a mezzo SMS di cellulare negando l’accesso agli atti ai garanti della trasparenza europei, seguito dallo scandalo dei 700 milioni di euro spesi dall’ex vicepresidente della Commissione, il socialista olandese Frans Timmermans, per fare lobby presso le associazioni ambientaliste europee a favore della legge sul ripristino della natura, una delle gambe del Green Deal, per finire ora con l’acquisto occulto di consenso europeo a cavallo delle elezioni europee del 2023 per fronteggiare il crescente sentimento antieuropeista dei movimenti sovranisti deciso dalle due donne ai vertici delle istituzioni europee, il presidente maltese del Parlamento Roberta Metsola e la tedesca presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, entrambi espressione del Partito Popolare europeo, spendendo 132,8 milioni di euro per favorire la diffusione di articoli giornalisti pro Europa su quotidiani, radio, televisioni ed agenzie di stampa.

    Di fatto, più che a favorire la crescita del consenso europeo, questo genere di comportamenti poco trasparenti finisce per affossarlo e fornire elementi a favore delle posizioni degli euroscettici, oltre a penalizzare il libero arbitrio politico dei cittadini europei.

    A settembre 2023, con l’avvicinarsi delle elezioni europee, la Commissione Ue ha assegnato 132,8 milioni di euro a un’agenzia privata del gruppo Bolloré, Havas Media France, per “stimolare” a pagamento giornali, radio, televisioni e agenzie di stampa a parlare bene dell’Unione europea sostenendo la propaganda «anti sovranista» dei vertici europei.

    I fondi europei non sono stati erogati direttamente ai vari media, perché ciò li avrebbe resi facilmente tracciabili. I vertici delle istituzioni europee hanno preferito rivolgersi ad un intermediario, Havas, che ha molti meno vincoli di trasparenza e risponde solo al «cliente» pagante.

    Secondo quanto ricostruito da “il Fatto” e rilanciato da “La Verità”, in Italia i finanziamenti per avere buona stampa e consenso europeo sarebbero stati erogati a Mediaset, Repubblica, Corriere della Sera, al Sole 24 Ore, all’Ansa, all’Agi e alla AdnKronos e altre testate italiane non facilmente individuabili proprio perché i fondi sono passati attraverso una società privata e terza. Per giustificare i contributi, sarebbe stato pensato un abile mix di spazi pubblicitari acquistati da Havas e di articoli e servizi «graditi» a Bruxelles.

    Già nei mesi scorsi, “il Fattoaveva citato un caso ben preciso: Repubblica, di proprietà del clan Agnelli Elkann, aveva siglato un contratto con il Parlamento Ue e la Commissione per pubblicare a pagamento articoli sulle elezioni per un ammontare di 62.000 euro senza passare attraverso ad una gara nonostante superasse i limiti sui pagamenti diretti superiori a 14.000 euro.

    Con il senno del poi, se si va a scartabellare i giornali dell’epoca elettorale è facile incappare in articolesse euroelogiative, analisi sperticate della gestione illuminata dei vertici uscenti delle istituzioni europee, allo scorrere a fiotti di vaselina. Un eccesso di zelo che ora si scopre animato da motivazioni concrete e terrene, non sempre in linea con la migliore deontologia del giornalismo, con buona pace dell’indipendenza di giudizio e del rispetto dei lettori, tanto che per molte testate si conferma la fama di “busiarda”, come per il foglio torinese del gruppo Gedi di proprietà del clan Agnelli-Elkann.

    Il problema, oltre alla carenza della trasparenza, è anche il tentativo di plagio elettorale messo in campo dalle istituzioni europee a danno del libero arbitrio degli elettori, privati di un’informazione indipendente, seria ed attendibile. Certo, la crisi che attanaglia la stampa in Italia e in Europa spesso costringe gli editori ad accettare anche proposte deontologicamente indecenti, ma ciò non dovrebbe essere anteposto agli interessi dei lettori, i quali stanno dimostrando il loro scetticismo sull’attendibilità di questo genere d’informazione abbandonando gli acquisti nelle edicole o gli abbonamenti.

    Se a Bruxelles avessero la certezza di avere bene operato nell’interesse dei cittadini europei probabilmente il ricorso a questi mezzucci occulti e poco trasparenti non sarebbe necessario. Ma l’evidenza del bilancio della Commissione Ursula Uno è tale che, probabilmente, senza questoaiutino” l’esito elettorale del 2023 avrebbe potuto anche essere diverso, consegnando von der Leyen (e anche Metsola) allo stesso destino cui è andato il suo ex vice Timmermans.

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