martedì 11 Marzo 2025
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    I primi 100 giorni bis di Ursula von der Leyen alla guida della Commissione Ue

    Bilancio largamente deludente e poco rispettoso nei fatti dei principi che lei decanta, a partire da prosperità, sicurezza e democrazia.

    Martedì 11 marzo saranno trascorsi i primi 100 giorni dall’insediamento della Commissione Ue di Ursula von der Leyen bis che la baronessa tedesca ha voluto celebrare in anticipo in un’insolita conferenza stampa domenicale per via dei suoi impellenti impegni a Strasburgo e nel Sudafrica.

    «Primi 100 giorni che sembrano una vita fa. Il mondo intorno a noi sta cambiando alla velocità della luce. I cambiamenti geopolitici stanno scuotendo le alleanze. Certezze vecchie di decenni stanno crollando – evidenzia von der Leyen -. E abbiamo ancora una guerra brutale che infuria ai nostri confini. Nonostante questi tempi turbolenti, questa Commissione è partita subito e corre. Dal primo giorno, abbiamo mantenuto la rotta che avevamo stabilito nelle linee guida politiche, basandoci sui tre pilastri: prosperità, sicurezza e democrazia». Sorvolando nobilmente sul fatto che lei stessa è la prima a non praticarli.

    Von der Leyen rivendica non solo i risultati – dalla semplificazione al Piano per il settore automotive – ma anche le scelte fatte già alla formazione della Commissione, come la nomina di un commissario alla Difesa: «perché siamo chiaramente entrati in una nuova era di dura competizione geostrategica. Vediamo che alcuni si chiudono, seminano incertezze e si sforzano di ottenere guadagni a breve termine. Voglio essere molto chiara sul fatto che l’Europa resterà aperta, rappresenterà partnership e sensibilizzazione. E offriamo stabilità e prevedibilità, caratteristiche preziose in questi tempi».

    Difficile non pensare al rapporto con gli Stati Uniti. Von der Leyen più volte è stata spinta dai giornalisti ad affrontare la questione di un’alleanza mai così incerta anche per colpa degli stessi europei che hanno fatto spallucce agli appelli americani fatti negli ultimi vent’anni almeno ad aumentare la spesa per la propria difesa. «Naturalmente gli Stati Uniti sono nostri alleati. Ciò non significa che il modello che abbiamo avuto negli ultimi almeno 25 o 30 anni, se non di più, sia ancora quello giusto, che la maggior parte della responsabilità della difesa ricada sugli Stati Uniti e non su tutti gli altri alleati. Dobbiamo fare i nostri compiti. Dobbiamo adempiere alle nostre responsabilità», ha invocato la baronessa tedesca evidenziando che gli Stati Uniti di Donald Trump sono diversi dalla Cina escludendo una strategia di de-risking.

    La difesa rimane la questione più urgente. Von der Leyen, ex ministro della Difesa della Germania del governo di Angela Merkel di cui era la figlioccia politica dal 17 dicembre 2013 al 17 luglio 2019 (i generali della Bundeswehr hanno ancora i brividi al suo ricordo per i danni fatti da lei al settore militare) ha confermato che entro le prossime due settimane presenterà i testi legislativi per dare forma al pianoReArm Europe” presentato a inizio settimana. Si dice «aperta a ogni proposta che arriva dagli Stati membri», ma al momento si concentra sull’attuazione del pacchetto che «ha ottenuto un sostegno unanime dal Consiglio europeo. Ora dobbiamo focalizzarci su questo, poi valuteremo le altre riflessioni». Lo stesso vale anche per l’ipotesi di debito comune per la difesa che «non è fuori dal tavolo ma è ancora presto». Sul nome del piano – che non piace molto all’Italia – ribadisce: «descrive ciò che sta succedendo», e qui non le si può dare torto, visto che è opportuno non infinocchiare il popolo europeo come spesso tendono a fare politici pavidi di perdere consenso.

    Von der Leyen – che si potrebbe anche a buon titolo ribattezzare von Struppen (ogni riferimento alle strisce di Bonvi è voluto) – ha detto che sono finiti gli anni dei sottoinvestimenti nella difesa perché c’era il dividendo della pace. A chi chiede della necessità che quei fondi – in particolare i 150 miliardi di euro di prestiti congiunti, che si chiameranno Safe (Security action for Europe) – siano destinati agli europei, von der Leyen fornisce qualche rassicurazione: «allo stato attuale l’80% degli investimenti nella difesa, e parliamo già di miliardi, va fuori Ue. Sono posti di lavoro, molta ricerca e sviluppo che finiscono fuori dall’Unione europea -, ha evidenziato -. Se l’80% anche degli 800 miliardi (quelli previsti dal pacchetto “ReArm Europe”) finiscono fuori Ue sarebbero tanti soldi. Sarebbe positivo per altre regioni, ma non per l’Europa. Però, è un aumento graduale e l’Europa include sicuramente il Regno Unito e la Norvegia con cui si sono già forti legami».

    Nella conferenza stampa, von der Leyen ha fatto tre annunci: la proposta per l’Unione dei risparmi e degli investimenti; la riunione del Collegio di sicurezza (che riguarderà tutti i commissari e tutti i temi) e la proposta, presentato già l’11 marzo, per un approccio più assertivo sui rimpatri degli immigrati clandestini. «Proporremo norme comuni per i rimpatri, con un nuovo ordine di rimpatrio europeo e il riconoscimento reciproco delle decisioni di rimpatrio da parte degli Stati membri – ha detto von Struppen -. Vogliamo mettere in atto un sistema veramente europeo per i rimpatri, proponendo un regolamento con norme più semplici e chiare, che impedisca la fuga e faciliti i rimpatri di cittadini di Paesi terzi senza diritto di soggiorno. Coloro che vengono rimpatriati forzatamente riceveranno un divieto di ingresso. E saremo più severi laddove ci siano rischi per la sicurezza. Saremo assertivi, ma ci assicureremo anche di agire nel pieno rispetto dei nostri obblighi ai sensi del diritto internazionale e dei diritti fondamentali». Beato chi ci crede visti i fatti degli ultimi cinque anni.

    Ursula von der Leyen, rivendica che la sua è una Commissione che non ha smesso di correre nei suoi primi cento giorni di mandato, nonostante un mondo in stato di cambiamenti e incertezze. In una conferenza stampa ha tracciato i risultati ottenuti finora, molti dei quali fallimentari e controproducenti per gli interessi dei 450 milioni di europei, a partire dalle politiche ambientali, economiche e strategiche. In altri contesti, di fronte a risultati così fallimentari, il responsabile di questo disastro sarebbe stato già accompagnato alla porta. Ma in politica, specie in Europa, questo non succede e i peggiori continuano imperterriti a fare danni senza nessuno che li fermi.

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