giovedì 30 Gennaio 2025
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    Governo Meloni: no al terzo mandato per i governatori regionali

    Fine corsa per i governatori di regione al secondo mandato: per loro è confermata dal governo Meloni l’impossibilità di candidarsi per un terzo giro di giostra, visto che la norma della Regione Campania sul terzo mandato sarà impugnata davanti alla Corte Costituzionale.

    Il premier Giorgia Meloni, nella conferenza stampa di inizio anno è stata netta. Per la Campania c’è «un tema di metodo ancora prima che di merito e gli uffici di Palazzo Chigi hanno fatto una ricognizione per capire in base all’articolo 122 della Costituzione se compete alle Regioni autodeterminarsi. La nostra conclusione è che si tratta di materia di competenza dello Stato ed è per questo che impugnamo la legge. Sul merito sapete che non c’è accordo tra partiti maggioranza. Io penso sarebbe incoerente, anche perché noi nella proposta di premierato abbiamo messo il limite di due mandati. Poi sono disponibile a parlare di armonizzare tutti gli ambiti».

    Di fatto, Meloni mette la pietra tombale sulle ambizioni dei governatori di succedere a sé stessi e, soprattutto, del leader della Lega Matteo Salvini a confermare le sue posizioni al vertice delle regioni.

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    La questione del terzo mandato da tempo è centrale nel dibattito politico, perché delle sei regioni che andranno al voto nel 2025 (Campania, dove c’è il dem Vincenzo De Luca; Marche, guidate da Francesco Acquaroli di Fratelli d’Italia; Puglia, con il dem Michele Emiliano; Toscana, con il dem Eugenio Giani; Valle d’Aosta governata da Renzo Testolin dell’Union Valdotaine, subentrato a Erik Lave’vaz, dimessosi nel 2023; Veneto, con il leghista Luca Zaia), tre vedono un presidente al suo secondo mandato (De Luca, Zaia ed Emiliano). Né ZaiaDe Luca hanno mai nascosto, seppure con diverse sfumature, con il campano più esplicito, la loro disponibilità a continuare nel sacrificio di guidare la regione.

    Ma è De Luca ad avere dato la stura al ricorso alla Corte Costituzionale da parte del governo Meloni. Il presidente della Campania, fin dalla sua rielezione, paso dopo passo nei suoi due mandati ha costruito le condizioni che a suo avviso potevano superare un principio stabilito dalla legge nazionale, la 16/2004, che all’articolo 2 stabilisce «non immediata rieleggibilità al secondo mandato consecutivo del presidente della giunta regionale eletto a suffragio universale diretto sulla base della normativa regionale in materia».

    La soluzione finale arriva il 5 novembre scorso, quando, il consiglio regionale campano approva con 34 voti favorevoli, 16 voti contrari, e un astenuto la proposta di legge “Disposizioni in materia di ineleggibilità alla carica di Presidente della Giunta regionale, in recepimento dell’articolo 2, comma 1, lettera f) della legge 2 luglio 2004, n. 165”, cosiddetta “terzo mandato“. Il testo legislativo ha avuto il via libera con il voto favorevole dei gruppi della maggioranza di centrosinistra e contrario il centrodestra e il Movimento 5 Stelle. La norma regionale ha aggirato il divieto stabilendo un criterio di calcolo che prevede «il computo dei mandati decorrere da quello in corso di espletamento alla data di entrata in vigore della presente legge». In pratica, De Luca può candidarsi in autunno e anche le elezioni successive, eventualmente, perché le due sue precedenti non vengono considerate in quanto antecedenti il recepimento della norma nazionale. Di fatto, De Luca ha utilizzato lo stesso trucchetto che ha portato Zaia in Veneto al terzo mandato consecutivo, non considerando il primo mandato antecedente all’approvazione della legge.

    Lo stop a De Luca derivante dal ricorso alla Corte costituzionale da parte del governo Meloni, la cui ricandidatura non era gradita neppure in casa dem, investe indirettamente anche le ambizioni di Zaia in Veneto e di Emiliano in Puglia. E rischia di riverberarsi su rapporti tra Lega e Fratelli d’Italia, visto che da settimane i meloniani (e pure anche i forzisti) hanno detto chiaramente di volere un riequilibrio dei rapporti di forza alla guida delle regioni che vanno al voto, anche in considerazione del fatto che negli ex feudi della Lega fu Nord il partito di Salvini ormai vale nelle urne un terzo di Fratelli d’Italia, testimoniando così il fallimento della linea nazionalista imposta dal leader leghista, contestato frontalmente anche nel recente congresso della Lega Lombarda.

    E la decisione del governo Meloni avrà effetti anche sulle regioni che andranno al voto nel 2027, con la Lega del Trentino che avrebbe voluto varare in tutta fretta una leggina per autorizzare il terzo mandato ad un fiacchissimo Maurizio Fugatti che, da par suo, ha centrato il bis più per l’insussistenza del candidato del centro sinistra, Francesco Valduga, per di più azzoppato da una fresca condanna in appello per danno erariale.

    Intanto, in Campania De Luca potrebbe anche tentare la mossa del cavallo, presentandosi come candidato presidente alla guida di una serie di liste civiche in alternativa ai due schieramenti maggiori di centro destra e di centro sinistra, con il primo che potrebbe anche vincere più che per meriti propri per la divisione nelle fila del centro sinistra.

     

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