Nel campo AI, dopo tre anni di studi, trattative e dibattiti entra in vigore il regolamento europeo che, però, per essere pienamente operativo necessita di altri 2 anni di lavori e altri 60 diversi provvedimenti.
Il nuovo regolamento europeo sull’intelligenza artificiale, l’AI Act, è entrato in vigore il 2 febbraio, ma per essere effettivamente operativo sarà necessario attendere altri due anni per vedere l’emanazione di ben 60 ulteriori provvedimenti di contorno: anche l’AI Act è all’insegna dell’eccesso di burocrazia e di delirio normativo e regolamentare tipico degli organismi comunitari.
Evidentemente, non sono bastati ben 3 anni per arrivare all’emanazione ufficiale del regolamento 2024/1689, perché dall’effettiva adozione da parte degli organismi comunitari il 2 agosto 2024, si sono stati dati 6 mesi di tempo agli operatori del settore per adeguarsi alle nuove misure. Peccato solo che mancano ancora un bel po’ di norme minori di accompagnamento, come detto ben 60, che dovranno essere adottate nei prossimi 24 mesi che si concluderanno ad agosto 2026.
Per carità, tutte norme sacrosante e rigorose per regolamentare nel dettaglio diritti e doveri di chi opera nel campo dell’intelligenza artificiale, per attuare uno strumento che non sia utilizzato per attività contrarie ai valori fondamentali dell’Unione europea come i controlli indiscriminati di massa, influenzare le opinioni politiche o interferire nei processi democratici.
Peccato solo che tre anni di lavori, 180 articoli del Regolamento e ben 13 allegati non siano ancora sufficienti per soddisfare la bulimia regolamentare europea, un’Europa che nella scorsa legislatura, l’Ursula Uno, secondo la denuncia fatta dal presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, ha prodotto un clamoroso eccesso di burocrazia e di norme, la bellezza di ben 13.500 diverse norme, a fronte di un produzione di 3.000 norme negli Stati Uniti. Un fattore di oltre 4 volte non è affatto trascurabile, anzi: è il detonatore per la mancata competitività del sistema produttivo europeo sui mercati internazionali, quando Cina e Usa corrono a briglia sciolta senza tanti orpelli burocratici e regolamentari di dettaglio.
Riprendendo la denuncia di Orsini, in Europa così come in Italia è vitale correre verso la delegificazione e la deregolamentazione, avere più persone che si occupano di cancellare, annullare, rimuovere orpelli legislativi e regolamentari che spesso sono obsoleti, specie in Italia dove sono ancora in vigore leggi del fu Regno d’Italia.
Non si ci stupisca se le innovazioni più che in terra d’Europa avvengono in Cina o negli Usa, dove esiste un terreno assai più dinamico e liberalizzato, dove prima si va al risultato, solo poi si norma in termini abbastanza blandi. Se l’Europa (e l’Italia) continua sulla sua strada, il volano del declino invece di rallentare accelererà ancora di più, con tutto quel che ne consegue.
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