La Commissione Ue lancia la bussola per la competitività accompagnata da un taglio dell’eccesso di regolamentazione. La Banca centrale europea riduce dello 0,25% il tasso ora al 2,75%.
Piccoli ma insufficienti segnali di cambiamento dalla tolda di governo politico e finanziario dell’Unione europea, con la proposta della ”Bussola per la competitività” con un taglio della burocrazia e dell’eccesso di regolamentazione, ma senza cambiare sostanzialmente la corsa verso il baratro del “Green Deal”, e il nuovo taglio dei tassi dello 0,25% del tasso di sconto operato dalla Bce, portando il costo del denaro al 2,75%.
Partendo dalla finanza, la riunione del direttivo della Banca centrale europea ha deciso all’unanimità di tagliare il costo del denaro di 25 punti base, mentre, secondo il presidente Christine “Croissant” Lagarde, «non è stato affatto presa in considerazione l’ipotesi di un taglio di 50 punti base, non è stata nemmeno discussa».
Secondo la Bce, il tasso d’inflazione nell’Eurozona «arriverà all’obiettivo del 2% fissato dalla Banca centrale europea (Bce) entro la fine dell’anno in corso». Quanto all’andamento dell’economia europea, secondo Lagarde «la ripresa è in atto, siamo passati da un 2023 di crescita molto bassa a un 2024 in cui la crescita è stata quasi doppia rispetto all’anno precedente. E’ vero, non siamo ancora al potenziale ma sicuramente siamo in ripresa e abbiamo buone ragioni per credere che i consumi daranno spinta alla crescita» aggiungendo che «non si è mai parlato di stagflazione. C’è stata stagnazione dell’economia solo nel quarto trimestre, ma non c’è stata stagflazione e l’inflazione sta scendendo».
Lagarde dovrebbe uscire dalle sue stanze dorate ed ovattate e recarsi in qualche mercato rionale o in qualche fabbrica, meglio se tedesca, per accorgersi di una realtà decisamente diversa rispetto a quello che afferma, tanto che la Confindustria tedesca afferma che per il 2025 è atteso ancora un arretramento dello 0,1% del PIL, in controtendenza rispetto alla media dello spazio euro – dove si prevede un aumento del 1,1% – e al resto del mondo, con una crescita del 3,2%.
Il presidente della BDI, Peter Leibinger, eletto a inizio anno, è stato molto duro presentando i dati a Berlino: «la situazione economica in Germania è critica: l’atmosfera è pessima e non si tratta solo di pettegolezzi o pessimismo. Per troppo tempo i governi tedeschi hanno rinviato riforme importanti, contenuto gli investimenti e si sono limitati allo status quo».
Anche i minacciati dazi di Trump contribuiscono a non rasserenare il clima: per Leibinger «l‘economia tedesca potrebbe perdere nel 2025 invece dello 0,1% lo 0,5%. E anche per altri paesi europei sarebbe da mettere in conto la recessione». Recessione che comunque vada sarebbe la terza di fila per la Germania.
Spostandosi da Francoforte a Bruxelles, deregulation con un taglio della burocrazia fino al 35% per aziende e Pmi, decarbonizzazione e innovazione per colmare il divario con Stati Uniti e Cina puntando molto sull’intelligenza artificiale. Sono i contenuti principali della “Bussola per la competitività” presentata dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen.
Nel documento programmatico per il secondo mandato quinquennale di von der Leyen, definito seguendo le raccomandazioni di Mario Draghi, l’Ue punta innanzitutto a «riaccendere il suo motore dell’innovazione». Tra le misure spiccano le gigafabbriche dell’IA «per guidare lo sviluppo e l’adozione industriale dell’IA in settori chiave». La Commissione «presenterà piani d’azione per materiali avanzati, tecnologie quantistiche, biotecnologie, robotica e spazio».
L’attenzione è rivolta in particolare alle start-up, con una proposta in arrivo anche per il cosiddetto 28esimo regime giuridico che semplificherà le norme in vigore, «compresi gli aspetti rilevanti del diritto societario, dell’insolvenza, del lavoro e del diritto tributario», consentendo alle aziende di «beneficiare di un unico insieme di norme ovunque investano e operino nel mercato unico».
Bruxelles rivede anche i principi della decarbonizzazione: dovrà andare di pari passo con lo sviluppo dell’industria. L’approccio sarà definito nel “Clean industrial deal” in arrivo il 26 febbraio, quando arriverà anche un piano d’azione per abbassare i prezzi elevati e volatili dell’energia. Misure specifiche arriveranno poi per settori ad alta intensità energetica, come acciaio, metalli e prodotti chimici, settori che, si evidenzia, «sono la spina dorsale del sistema manifatturiero europeo, ma sono i più vulnerabili in questa fase di transizione». Prevista inoltre la revisione delle norme sugli appalti pubblici: consentirà l’introduzione di una opzione di preferenza europea per settori e tecnologie critici.
Von der Leyen ha parlato di «obiettivi scolpiti nella pietra». «Ora abbiamo un piano. Abbiamo la volontà politica. Ciò che conta sono la velocità e l’unità. Il mondo non ci aspetta», ha detto. La maggioranza parlamentare a Strasburgo, però, sembra sfidare questa «unità»: i Socialisti e Democratici hanno già bocciato la “Bussola” perché «non riesce a fornire soluzioni alle sfide attuali e future e si nasconde dietro il mantra della semplificazione, un potenziale passo indietro rispetto agli standard europei», ha affermato la leader S&D, Iratxe García. Manca «una strategia combinata per stimolare gli investimenti e raggiungere un’agenda molto impegnativa in un contesto geopolitico altamente impegnativo».
Il ministro delle Imprese e del “Made in Italy”, Adolfo Urso, ha invece salutato la presenza di «un approccio pragmatico, con una visione strategica in cui emerge il principio della neutralità tecnologica». Ha poi sottolineato di aver espresso «apprezzamento per l’inserimento nella “Bussola della competitività” della revisione del regolamento Cbam», il meccanismo di aggiustamento del contenuto di carbonio alle frontiere, ricordando anche il “non-paper” al riguardo promosso dall’Italia insieme ad Austria, Bulgaria, Grecia e Polonia per garantire la decarbonizzazione dei settori ad alta intensità energetica.
La comunicazione della Commissione non dettaglia i fondi che saranno liberati delle diverse misure e non si sbilancia su nuovi finanziamenti Ue. Anche per l’annunciato nuovo Fondo sulla competitività rinvia solo al prossimo quadro finanziario pluriennale. Invita però a colmare il divario di innovazione e a facilitare la crescita di start-up e scale-up, aumentare gli investimenti in ricerca e sviluppo, le infrastrutture digitali avanzate e gli incentivi. Si evidenzia l’importanza di strategie per IA, bioeconomia e materiali avanzati.
Il secondo “pilastro” dell’azione sarà sulla decarbonizzazione e la competitività. Von der Leyen avverte che la rotta non cambia: «c’è lo stesso obiettivo, ma vogliamo raggiungerlo meglio e più velocemente. La modernizzazione, la mobilità guidata dal software, l’elettrificazione dell’industria automobilistica sono i mercati del futuro, ma per arrivarci, cerchiamo di essere meno complessi, meno complicati e più veloci».
La “Bussola per la competitività” non ammette rivisitazioni allo stop nel 2035 ai motori a benzina e diesel. La porta è invece aperta sulla neutralità tecnologica cara all’Italia – e cavallo di battaglia del Ppe della leader tedesca -, che è tornato in pressing a Bruxelles. «Superare il problema delle multe» per i costruttori che non rispettano i target di taglio delle emissioni «è necessario, ma non è sufficiente», ha incalzato Urso, facendo appello a uno schema di incentivi Ue per spingere la domanda di auto pulite richiesto anche da Berlino e Parigi. Per Urso la via per arrivare pronti al 2035 è da rivedere. Il messaggio è stato recapitato ai commissari responsabili Teresa Ribera, Wopke Hoekstra e Apostolos Tzitzikostas, protagonisti insieme al francese Stéphane Séjourné nella definizione della strategia Ue per l’automotive.
L’iniziativa di pool di case automobilistiche europee con costruttori extra-Ue come Tesla o Byd per bilanciare i risultati sui tagli delle emissioni ed evitare le multe tramite un sistema di crediti – avviata di recente da Stellantis, Toyota, Ford, Mazda, Subaru, Alfa Romeo Peugeot – non convince la politica italiana. Sono «meccanismi infernali» che «portano al collasso dell’industria Ue che addirittura finanzia quella extraeuropea» ha attaccato Urso chiedendo un «piano strutturale» davanti «alla sfida titanica della Cina e degli Usa».
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