La Commissione Affari Giuridici (Juri) dell’Europarlamento in una sessione a porte chiuse si è espressa contro l’uso, voluto dalla Commissione Ue, dell’art. 122 dei Trattati, che elude la consultazione del Parlamento europeo, sulla proposta di regolamento del Consiglio che istituisce lo strumento “Safe”, una delle basi economiche del piano “ReArm Ue” di Ursula von der Leyen, poi trasformato in un più lessicalmente meno belligerante “Readiness 2030”.
La Commissione Juri ha approvato un parere legale secondo cui l’uso dell’art. 122 «non è base giuridica appropriata per questa proposta» e comunicherà la raccomandazione al Presidente del parlamento europeo, Roberta Metsola, affinché valuti ulteriori passi.
Di fatto, anche se non vincolante, il parere della Commissione Juri costituisce una pesante batosta politica per l’operato della baronessa tedesca che guida la Commissione europea, anche per il fatto che pure il Ppe si è espresso contro l’operato della sua presidente.
Il pallino politico sulla questione “Readiness 2030” passa ora nelle mani del presidente dell’Eurocamera, Roberta Metsola, altra esponente del Ppe, che può ora decidere se informare l’Aula durante la prossima plenaria del risultato del voto sulla relazione, che ha valore solo consultivo. Superato questo passaggio, la Commissione Affari Giuridici potrà riferire oralmente le sue conclusioni all’Emiciclo.
Metsola ha ora inoltre facoltà di presentare un ricorso dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea a nome del Parlamento, conformemente alla raccomandazione della Commissione Juri. Il vertice dell’Europarlamento può inoltre sottoporre al voto dell’Aula la decisione sull’intraprendere o meno il ricorso. Qualora invece Metsola intenda discostarsi dalla raccomandazione della Commissione Juri, la presidente dovrà informare la commissione e deferire la questione alla Conferenza dei capigruppo. Se la anche la Conferenza dei capigruppo ritiene che il Parlamento non debba presentare osservazioni o intervenire dinanzi alla Corte di giustizia dell’Ue, la questione può essere sottoposta ad un voto finale del Parlamento europeo in sede plenaria.
Ad agitare gli europarlamentari c’è la questione legata al finanziamento del piano “Readiness 2030”, quegli 800 miliardi di cui nei bilanci Ue non c’è traccia se non per una piccola parte di circa 150 miliardi di euro che von der Leyen vorrebbe recuperare dirottandoli dai progetti di coesione. Tutti gli altri 650 miliardi sarebbero sul gobbo dei bilanci dei singoli stati Ue, i quali dovrebbero decidere tra finanziare l’acquisto di cannoni, carri armati, razzi, munizioni, ecc. o assumere medici per la sanità o assicurare i servizi sociali o, ancora, aumentare le tasse su cittadini ed imprese.
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