sabato 19 Aprile 2025
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    Dichiarazioni Irpef 2024: il 64% del gettito fiscale pagato dal 22% dei contribuenti

    Il reddito medio sale a 24.830 euro (+5%). 12 milioni di contribuenti non pagano tasse. Forti sperequazioni del carico fiscale a danno del ceto medio.

    Le dichiarazioni Irpef presentate dai contribuenti italiani evidenziano un paese con bassi redditi e con forti sperequazioni sulla ripartizione del carico fiscale secondo quanto risulta dai dati sulle dichiarazioni dei redditi delle persone fisiche (Irpef) e dichiarazioni Iva per l’anno d’imposta 2023 pubblicate dal Dipartimento finanze del Mef.

    Gli oltre 42,5 milioni, in aumento dell’1,3%, di persone fisiche lo scorso anno hanno assolto l’obbligo della dichiarazione Irpef, direttamente attraverso i modelli 730 e Reddito persone fisiche, o indirettamente con Certificazione unica compilata dal sostituto d’imposta. Il reddito complessivo totale dichiarato ammonta a oltre 1.027,7 miliardi (57,5 miliardi in più rispetto al 2023, +5,9%) per un valore medio di 24.830 euro (+5%). Il reddito medio da pensione (pari a 21.260 euro) è inferiore del 14,4% al valore medio del reddito complessivo, mentre quello da lavoro dipendente (pari a 23.290 euro) è inferiore del 6,2%.

    L’imposta netta totale dichiarata, ovvero quella effettivamente versata all’Erario al netto degli sconti, ammonta a 189,9 miliardi di euro (+9%), pari in media a 5.660 euro e viene dichiarata da oltre 33,5 milioni di soggetti (circa il 78,8% del totale).

    Ci sono anche oltre 9 milioni di soggetti che presentano dichiarazioni Irpef con un’imposta netta pari a zero (perché ad esempio hanno un reddito in fasce di esonero o hanno detrazioni che azzerano l’imposta lorda), mentre considerando i soggetti la cui imposta netta è interamente compensata dal trattamento integrativo, i soggetti che di fatto non versano Irpef sono oltre 11,8 milioni.

    Le tipologie di reddito maggiormente dichiarate, sia in termini di frequenza che di ammontare, sono quelle relative al lavoro dipendente (53,9% del reddito complessivo e 55,9% del totale contribuenti) e al reddito da pensione (30% del reddito complessivo e 34,1% del totale contribuenti).

    Considerando i soggetti sia in contabilità ordinaria che semplificata, il reddito medio d’impresa è pari a 29.250 euro, più alto del 17,8% di quello medio, mentre il reddito da lavoro autonomo (70.360 euro) è quasi triplo.

    Dall’analisi per classi di redditi emerge che i contribuenti con imposta netta e redditi fino a 35.000 euro (il 78% del totale) dichiarano solo il 36% dell’imposta netta totale, mentre il restante 64% delle tasse è dichiarato dai contribuenti con redditi sopra i 35.000 euro (22% del totale). In particolare, il 30% è dichiarato nella classe 35-70.000 euro, la fascia del cosiddetto “ceto mediosempre mazziato e pure fiscalmente cornuto, visto che ha subito i maggiori tagli alle deduzioni fiscali, con conseguente aumento indiretto del prelievo fiscale. I contribuenti con imposta diversa da zero e reddito complessivo maggiore di 300.000 euro (0,2% dei contribuenti) dichiarano appena il 7,1% dell’imposta netta totale (era il 7,8% nel 2022).

    L’analisi territoriale conferma il differenziale tra Centro-Nord e Meridione: la regione con reddito medio complessivo più elevato resta la Lombardia (29.120 euro), seguita dall’Alto Adige (28.780 euro), mentre la Calabria presenta il reddito medio più basso (18.230 euro), anche a causa del forte sommerso esistente in questa realtà.

    Per quanto riguarda infine le partite Iva, sono 4,17 milioni i contribuenti che hanno presentato la dichiarazione Iva per l’anno d’imposta 2023, in lieve diminuzione rispetto all’anno precedente (-0,9%): l’ammontare del volume d’affari dichiarato è risultato pari a oltre 4.737 miliardi (-2,7% rispetto al 2022).

    Dai dati del ministero emerge la necessità di un forte riequilibrio del carico fiscale spostandolo dal ceto medio verso quei 12 milioni di contribuenti che sono a tasse zero, assoggettandoli ad un’imposta minima di almeno il 5-10% a titolo di compartecipazione di cittadinanza ai servizi pubblici goduti.

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