E crescono gli allarmi relativi ai residui oltre il limite dei prodotti importati. I dati di Coldiretti e Filiera Italia.
Negli ultimi quindici anni sono andati persi 200.000 ettari di frutteti, con la superficie coltivata a frutta e agrumi che è scesa per la prima volta sotto la soglia dei 500.000 ettari. Come conseguenza della riduzione della superficie, si stima si siano persi (sono stati tagliati per cessazione della coltivazione) oltre 200 milioni di piante da frutto. Non va meglio il settore di ortaggi, legumi e patate, con una perdita di superficie coltivata stimata nello stesso periodo in altri 100.000 ettari. Sono gli spunti emersi nel corso dell’incontro organizzato da Coldiretti e Filiera Italia al salone Fruit Logistica di Berlino, il più importante appuntamento europeo per il settore.
Un risultato che pesa sul primato produttivo nazionale in Europa, che si estende dai kiwi alle pere, dalle ciliegie alle uve da tavola, alle albicocche, agli agrumi, e che è stato causato da una molteplicità di fattori, a partire dai prezzi troppo bassi pagati agli agricoltori, che spesso non coprono neppure i costi di produzione.
A pesare ci sono anche gli effetti dei cambiamenti climatici che negli ultimi anni hanno devastato il Frutteto Italia, tra maltempo e siccità. Nel 2023 le alluvioni avevano causato un calo del 63% del raccolto di pere e del 30% di quello di pesche e nettarine. Nel 2024 la siccità ha tagliato di quasi il 20% la produzione di agrumi, mentre quella del kiwi è crollata del 50% a causa della moria, con danni anche a nocciole e ciliegie, secondo Coldiretti.
Ai problemi causati dal clima si sommano quelli dell’invasione di insetti e malattie aliene, che si sono accaniti sulle produzioni nazionali, dalla cimice asiatica al cinipide galligeno che ha decimato le castagne, dalla Drosophila suzukii il moscerino killer che ha attacca ciliegie, mirtilli e uva alla Tristeza degli agrumi, al virus rugoso del pomodoro, etc. Per non parlare dei danni causati dagli animali selvatici (cinghiali in primis), sempre più numerosa e affamata di prodotti coltivati nelle nostre campagne, al punto che a far danni nei campi è arrivato anche il pappagallino o parrocchetto monaco una specie originaria del Sudamerica che fa strage di frutta e mandorle nelle regioni del Centro Sud, dove sta diventando una presenza fissa anche a causa dei cambiamenti climatici.
Spesso, peraltro, i frutticoltori nazionali si trovano nell’impossibilità di difendere i propri raccolti a causa della mancanza di sostanze fitosanitarie adeguate (in Italia l’utilizzo di fitofarmaci si è ridotto del 50% negli ultimi 30 anni e i prodotti utilizzati sono passati da oltre 1.000 a circa 300), mentre tardano ad essere rese disponibili le nuove tecnologie non Ogm per il miglioramento genetico (Tea).
Con tutto si riduce fortemente – denuncia Coldiretti – il potenziale produttivo e l’Italia è passata da essere un paese esportatore, ad avere un saldo in volumi negativo, importando più ortofrutta di quella esportata, anche per la mancanza di reciprocità delle regole con i paesi extra-Ue i quali esportano ortofrutta potendo contare su costi di produzione più bassi ed utilizzando pesticidi da vietati in Italia e in Europa.
Nel 2024 sono stati rilevati 165 allarmi relativi ai prodotti ortofrutticoli arrivati in Italia, comprese spezie e frutta secca, contro i 115 registrati nel 2023. Si va dai kiwi argentini ai cachi spagnoli, dai pistacchi iraniani o turchi alle aflatossine alle cipolline e ai fagioli egiziani, dai funghi cinesi ai mirtilli tedeschi, tutti bloccati a causa di problemi che vanno dalla presenza oltre i limiti di pesticidi, fino a batteri e metalli pesanti.
La conferma del fatto che in molti paesi, dall’Africa al Sudamerica fino all’Asia, è permesso l’uso di pesticidi pericolosi per la salute che sono stati banditi nell’Unione Europea spesso da decenni, senza dimenticare il fatto che le coltivazioni si ortofrutta sono realizzate in condizioni di dumping sociale per il basso costo della manodopera e dall’assenza di norme di tutela previdenziale e sicurezza sul luogo di lavoro. Un fattore che va tenuto in considerazione nella stipula degli accordi commerciali che, in assenza dell’applicazione del principio di reciprocità, finiscono per danneggiare aziende agricole e cittadini europei, come nel caso del Mercosur.
Occorre anche armonizzare il sistema relativo all’uso di fitosanitari nel settore ortofrutta all’interno dei Paesi Ue, attualmente inadeguata a garantire agli agricoltori italiani parità di regole rispetto agli altri.
Il problema riguarda anche il fronte dei consumi. Negli ultimi cinque anni le famiglie italiane hanno tagliato gli acquisti di frutta di ben 21 chilogrammi, con un impatto pericoloso anche dal punto di vista della salute. Se si aggiungono anche gli ortaggi il calo sale a 40 kg in meno.
Serve difendere un settore ortofrutta nazionale che garantisce all’Italia 440.000 posti di lavoro, pari ad oltre il 40% del totale in agricoltura, con un fatturato di 15 miliardi di euro all’anno tra fresco e trasformato, il 25% della produzione agricola totale, grazie all’attività di oltre 300.000 aziende agricole che sono oggi a rischio, a causa di prezzi troppo bassi che non coprono i costi di produzione.
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