venerdì 31 Gennaio 2025
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    Autonomia, la Corte costituzionale boccia il referendum

    La Corte costituzionale ha bocciato la richiesta di referendum abrogativo sulla legge Calderoli relativa alle norme quadro per attuare la maggiore autonomia per le regioni ordinarie che la chiedessero ai sensi dell’art. 116 della Costituzione, così come riformato dai governi di centro sinistra nel 2001, salvo rimanere un principio non attuato fino al governo Gentiloni che, su impulso dei referendum di Lombardia e di Veneto del 2017, aveva preso in mano la situazione e avviato le trattative con le regioni richiedenti, cui poi s’era aggiunta l’Emilia Romagna più per una questione di equilibri politici – due regioni referendarie a guida Lega più una a guida Pd – per non lasciare in mano la questione dell’autonomia al solo centro destra.

    Solo la fine della legislatura ha impedito che la trattativa diretta Stato-Regioni andasse a buon fine e, dopo le elezioni, vinte dal centro destra, invece di riprendere il percorso laddove si era interrotto, complice anche il poco gradimento verso i principi autonomistici di buona parte del centro destra, specie dalle regioni meridionali a guida Forza Italia con la stampella di Fratelli d’Italia, si è escogitata la necessità di approvare prima una legge quadro che definisse in anticipo le modalità di trasferimento alle regioni delle competenze elencate dalla Costituzione.

    Peccato solo che le sabbie mobili del Parlamento e di buona parte dei partiti ci abbiano messo del loro e, nonostante la buona volontà del ministro agli affari regionali Roberto Calderoli, trasformando la proposta di legge in una sorta di cintura di castità dell’anelito autonomistico, con tanto di rostri e punte acuminate nelle parti più topiche giusto per renderla più irraggiungibile.

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    Poi, come se non bastasse, ci si è messa pure la Corte costituzionale che, su impulso del ricorso delle regioni a guida Pd, si è pronunciata nel merito della legge Calderoli, praticamente svuotandola e, per di più, finendo pure con il dichiarare incostituzionale parte dell’articolo 116 della Costituzione, andando così ben oltre le proprie competenze. Non solo: il nuovo presidente della Corte costituzionale, Giovanni Amoroso, dopo la decisione della Consulta sulla legge dell’Autonomia differenziata, parla ora «di tanto lavoro sulle spalle del Parlamento» affermando la necessità non tanto di rivedere la legge nelle parti cassate e pure la stessa Costituzione, ma piantando il paletto della necessità di definire anticipatamente i Lep per tutte le materie da devolvere prima qualsiasi altro passo. «Non credo sia corretto parlare della progressione dei lavori sull’Autonomia dicendo al “netto dei Lep” – afferma Amoroso -. Perché la corretta definizione dei Livelli essenziali delle prestazioni costituisce proprio l’architrave, il perno, l’impianto della legge, di cui è rimasto solo un perno e intorno al quale va costruito ora l’edificio. Occorre che il legislatore intervenga e determini i criteri per i Lep» che sono il «pilastro su cui si regge» la legge Calderoli. Per Amoroso «la possibilità di determinare i Lep senza un intervento del legislatore non c’è. Occorre che il legislatore intervenga anche per le materie non Lep. C’è da ricostruire questa fase, che è a fondamento di tutto l’impianto della legge per l’attribuzione di specifiche funzioni di materia».

    Di fatto, prevedere la necessità di definire i Lep per tutte le materie devolvibili comporterebbe lo stanziamento di un’enorme somma di denaro che il bilancio statale, già in forte difficoltà, non ha, né oggi né domani, visto che si tratterebbe di qualche centinaio di miliardi di euro.

    Una situazione degna di un classico bagno nelle sabbie mobili parlamentari, tanto che l’ex senatore della Lega Nord ed esponente del Comitato Veneto sull’Autonomia, Paolo Franco, stende il requiem sulle ambizioni autonomistiche di Zaia e di Salvini. «La Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile il referendum abrogativo della legge quadro Calderoli sull’Autonomia. E’ la definitiva sconfitta di coloro che in mala fede volevano farci credere che la legge quadro era la strada giusta, e non, come il Comitato ha detto da subito, la morte dell’Autonomia – scrive in una nota Franco -. Hanno finito di menare il can per l’aia e ora non resterebbe che modificare la famigerata Calderoli (che già com’era impediva il processo verso l’attribuzione di materie in autonomia alle Regioni come il Veneto) secondo le indicazioni della Corte che, di fatto, cancellano qualsiasi processo autonomistico».

    Per Franco «che il Parlamento proceda in tale direzione è palesemente impossibile, anche se qualcuno cercherà ancora di imbonire i cittadini con ricette magiche quanto inutili. Ma c’è una conferma. La sentenza della Corte ha raggiunto l’apice dell’assurdo, consentito, ripetiamo, da chi ha voluto perseguire la via della legge quadro. Visto che in sede di giudizio di costituzionalità della Calderoli la Corte stessa aveva dichiarato surrettiziamente incostituzionale parte dell’articolo 116 della Costituzione (aberrazione giuridica), ora ha scritto che, sostanzialmente, non basta neppure una modifica della Calderoli, bensì sarà necessaria una vera e propria riforma costituzione dell’articolo 116 che riguarda l’Autonomia. Chiunque ha sostenuto e votato in questi anni il percorso della legge quadro è responsabile di fronte ai cittadini di questo disastro».

    E pazienza se Zaia, Salvini & C. festeggiano a parole per il risultato referendario, affermando che ora «il processo autonomistico si potrà compiere dopo avere chiarito i dubbi sul suo percorso». Un percorso che, secondo il segretario del Pd Veneto, il senatore Andrea Martella, «dopo essere stata svuotata dalla Corte costituzionale, la legge Calderoli, per come era stata pensata, non esiste più, è morta. Questa bocciatura è un ulteriore segnale della confusione e dell’approssimazione con cui il governo e la maggioranza hanno affrontato il tema dell’Autonomia differenziata».

    Ma oltre alla Lega, dell’esito del lavoro di cesello della Corte costituzionale dovrebbe preoccuparsi pure Fratelli d’Italia e il premier Giorgia Meloni che difficilmente potrà centrare l’obiettivo di portare a conclusione la riforma del governo della Repubblica introducendo il premierato, visto che questa procedeva appaiata a quella dell’Autonomia. E con l’Autonomia sostanzialmente naufragata, difficilmente la Lega consentirà a Meloni di potere centrare il suo trofeo politico ed istituzionale entro la fine della legislatura, già giunta a metà della corsa.

     

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